Il “revenge porn” o “pornografia non consensuale” sta diventando un problema sempre più diffuso nel mondo moderno a causa dei disagi psicologici che provoca nelle vittime. (Foto: cyberbullying.org) Revenge porn, cos'è ?Per coloro che non fossero al corrente del tipo di fenomeno di cui si sta parlando è in realtà abbastanza semplice fornire una spiegazione: La diffusione non consensuale di pornografia (o “revenge porn”) consiste nella diffusione di materiale pornografico di un ex-partner per vendetta. Il fenomeno potrebbe sembrare eccezionale, eppure sono sempre di più i pazienti che, a causa dei suoi danni, lamentano di esserne stati vittime. In ogni genere di coppia e da parte di ogni genere di partner è possibile ravvisare casi di questa iniziativa nefasta. Non è infrequente nel mondo moderno che nelle coppie ci si scambi materiale pornografico digitale. È una pratica che in sé non ha nulla di sbagliato e fa parte delle possibilità del gioco erotico. Chiaramente essa ha un certo valore solo in quanto entrambe le parti sono consensuali nello scambio. Già nel caso in cui una delle parti venisse costretta alla produzione ed invio di un simile materiale si parlerebbe di un abuso, ma questo è un caso ancora diverso. Nel revenge porn sembra essere la vendetta la causa scatenante della diffusione di materiale dell’ex-partner. Una simile diffusione di materiale privato rientra naturalmente nella fattispecie di un atto illecito anche in termini legali, ed in questo senso punibile, ma a noi interessa analizzare i danni che un simile gesto provoca nelle vittime in termini psicologici.
Anche quando la giustizia faccia il suo corso infatti, ciò non basta alla vittima che ha subito un abuso di questo genere per riprendersi dalle possibili ferite psicologiche, anche gravi, che una simile esperienza provoca. Revenge porn e salute mentaleMa si può parlare veramente di “abuso” in termini psicologici? Sono ormai numerosi gli studi accademici nel settore della psicologia clinica che documentano come le vittime del revenge porn presentino nella loro condizione di disagio psichico dei sintomi perfettamente analoghi a quelli delle vittime di un abuso sessuale (si vedano ad esempio gli articoli di Asia Eaton: “The psychology of nonconsensual porn” e Samantha Bates: “Revenge porn and mental health”). La vittima è in questo senso violata comunque nel suo fisico, attraverso la diffusione della sua immagine. In certi termini si potrebbe parlare di abuso dell’immagine (a tal proposito si veda l’articolo di Clare McGlynn: “Beyond Revenge porn”), la quale, in quanto specchio di noi stessi, è comunque qualcosa che parla di noi, ci “denuncia”, ci scopre agli altri. Nel mondo esterno possiamo scegliere se mostrare la nostra intimità, svelarla all’altro solo quando ritenuto meritevole, ed in questo senso l’intimità diventa qualcosa da “donare”, che ha valore proprio perché di solito non visibile, riservato a pochi. Quando noi perdiamo il controllo di questa immagine intima, ed essa è alla mercé di un abusatore, ecco che la diffusione di questa intimità senza il nostro consenso equivale ad essere denudati in pubblica piazza, mostrati nella nostra forma più intima e privata, guardati e “toccati” da chiunque, e questo senza preavviso, senza consenso. L’effetto che è stato documentato in questi casi è certamente devastante, e per questo paragonabile alle violenze sessuali. Nel mondo moderno poi, con la velocità di diffusione di contenuti tramite internet, tale violazione è ancora più capillare: chiunque può scaricare e conservare questi contenuti, e le vittime sentono che ormai la loro intimità è violata, persa, nelle mani di centinaia di persone che ora la “possiedono”, la possono conservare sul cellulare o sul computer e farne ciò che vogliono, senza che in tutto questo nessuno abbia mai chiesto alla vittima che cosa si prova ad essere privati così della propria sfera privata. Vi sono inoltre casi documentati in cui addirittura la vittima è screditata nella sua stessa sofferenza, accusata di una drammaticità ingiustificata nel mondo moderno, in cui l’oggettificazione e la mercificazione del corpo e dell’intimità, in una sorta di diffusa pornografia, viene vista come un dato di fatto dal quale non ci si può tirare indietro. Spesso dunque, anche nei casi di revenge porn con vittime LGBT, accade che queste siano screditate ed accusate di soffrire di una condizione che non è poi così drammatica (vedi ad esempio la tesi di Christine Serpe: “The Objectification and Blame of Revenge porn Victims”). Tutto questo ovviamente agisce come un ulteriore peso per le vittime più fragili che invece vanno rispettate per il loro desiderio di preservare la dimensione dell’intimità. ConclusioneOltre dunque ad un necessario e parallelo percorso che adisce le vie legali per perseguire l’artefice dell’abuso, la psicoterapia può aiutare le vittime di questo fenomeno nell’affrontare questa terribile condizione. Gli strumenti a disposizione della psicoterapia sono gli stessi utilizzati nel sostegno delle vittime di abusi sessuali. Oltre a questo, possiamo appoggiarci agli studi che ci permettono di andare più a fondo nella sofferenza delle vittime di questi abusi e supportarle al massimo nel loro percorso di recupero. L’obiettivo è anche quello di fortificare la loro autostima e consapevolezza di sé, affinché l’accettazione del trauma divenga un punto di partenza per sviluppare maggiore forza interiore tale da combattere i mostri che un simile abuso genera. Bibliografia usata
Forse conosci qualcuno che è stato vittima di revenge porn? Forse tu sei quella persona? L'aiuto è disponibile per affrontare e superare questo trauma. Contattami qui !
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