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Attacchi e Crisi di Panico

Le persone che soffrono di attacchi di panico li descrivono molto spesso come uno status indesiderato e chiedono frequentemente un consulto psicologico con l’intento di liberarsene. In seduta, riferiscono molti tentativi, inefficaci, per poter dissolvere il problema, portando con sé non solo l’esperienza estenuante originale, ma anche il vissuto di sconfitta.

Cosa sono gli attacchi di panico?

Gli attacchi di panico sono una manifestazione d’ansia inattesa e molto acuta, anche se di decorso ridotto. Sono caratterizzati da una dilatata sintomatologia tale da condurre l’individuo che esperisce i sintomi, a pensare di essere sul punto di avere un infarto, sudorazione, tremore, soffocamento di morire o di impazzire. Peculiarità specifica degli attacchi di panico è infatti l’intensità dei segni fisici.

L’elemento fondamentale che caratterizza gli attacchi di panico è suggerito dalle persone che frequentemente affermano di aver vissuto momenti difficili nel corso della loro vita, come traumi, lutti, separazioni e perdita del lavoro.

Gli attacchi di panico possono essere situazionali o improvvisi.

​Nel primo caso si tratta di attacchi indotti da determinate situazioni temute o provocate perfino dall’ansia anticipatoria di questi contesti. Quest’ultimo è il caso tipico in cui gli attacchi di panico si trovano associati ad altri problemi psicologici come la fobia sociale per cui, ad esempio, un ragazzo a un esame può andare incontro ad un episodio di panico quando è costretto a interagire con i docenti o, ancora, l’agorafobia per cui, una signora può avere un attacco di panico mentre è in una metropolitana sovraffollata in cui manca l’aria.

​Gli attacchi di panico improvvisi invece insorgono repentinamente e istantaneamente. Questi improvvisi episodi sono molto frequenti e nella maggior parte dei casi risultano essere manifestazioni isolate senza ripercussioni. Altre volte invece possono riverificarsi determinando un malessere rilevante e dando inizio a un disturbo di panico.

Il panico può essere interpretato come la risposta sbagliata a un problema sbagliato, un doppio legame. E’ un urlo disarmante, rimasto sepolto per anni sotto macerie di rimozioni e di repressioni, che deflagra quando gli episodi della vita ci costringono a confrontarci, necessariamente, con l’inevitabilità del cambiamento, con l’instabilità della nostra esistenza, con il desiderio di continuare a vivere situazioni e vicende che devono essere superate.

A un certo punto, un evento della vita, forse neppure troppo traumatico, funziona da catalizzatore e appaiono i sintomi del disturbo: dolore al cuore, senso di soffocamento, vertigine, sudorazione, tachicardia, confusione mentale e una grande angoscia. Molti soggetti, riferendosi all’esperienza del panico, dicono: “mi è piombata addosso questa situazione”.

Difficilmente la situazione viene connessa alla propria esperienza di vita, alla propria storia di vita, al proprio modo di sperimentare le vicende relazionali. Solitamente è presente una forma di stasi emotiva del tutto discordante con la sfera cognitiva spesso capace di sfolgoranti risultati.
La situazione di paura di chi ha vissuto l’episodio del panico sembra una sorta di difesa dall’angoscia del ritorno preferendo la diminuzione della libertà, anziché mostrarsi al mondo esterno, con il suo tragitto di casualità.

Le esperienze infantili che si trovano spesso nella storia di vita dei pazienti che soffrono di panico, o meglio, nella riproposizione che questi soggetti fanno della propria storia di vita, come atto interpretativo più che cronaca oggettiva, sono tese alla significazione di una trama biografica che già di per se stessa contiene valenze terapeutiche (Battaglia, 1998).

Dopo la crisi di panico, quasi sempre, la funzione psichica del pensiero interviene nell’allestire dighe difensive.

Nell’anticipo ansioso che caratterizza il dopo della crisi acuta, la ruminazione ossessiva cerca di costringere la previsione, di controllare il futuro nel tentativo di arginare l’ignoto (Faravelli,1985).


Il disturbo di panico è una condizione contraddistinta da eventi di attacchi di panico inattesi e frequenti, dalla persistente angoscia di poter avere altri attacchi e dalla mutazione della propria condotta per tentare di impedire tali attacchi; ad esempio, schivando i luoghi dove è avvenuta la sintomatologia.

L’agorafobia spesso nasce da comportamenti di evitamento di spazi e contesti che possono provocare percezioni di panico. Se l’attacco di panico è una condizione intensa, il disturbo di panico è la condizione cronica.

Il punto di vista psicoanalitico

L’attacco di panico in psicoanalisi viene valutato come un sintomo di una complessa sofferenza e angoscia del sé. La dolorosa percezione di non cogliersi porta alla sovrapposizione dell’ansia che, nel corso dell’attacco, si esprime in una modalità corporea, allontanandosi sempre di più alla fattibilità di essere tratteggiata psichicamente.

Gli psicoanalisti sono consapevoli che gli attacchi di panico sono solo un segno di una condizione molto più complessa: sono l’espressione di un disagio nella formazione della personalità.

Spesso gli attacchi di panico si presentano durante una crisi di identità, nelle fasi di trasformazione, o come risposte psicosomatiche alla separazione, al lutto, a momenti di vita, ma denotano tuttavia una inadeguata strutturazione del sé.

In alcuni casi l’attacco di panico accompagna il frammentarsi di assetti narcisistici. A ragione di questo sono particolarmente frequenti nelle crisi di mezza età (dove il mito della propria efficienza, bellezza o successo non è in grado di sostenere l’angoscia per il limite della propria esistenza) o nelle reazioni all’abbandono dove la separazione dal partner viene sentita come un crollo del sé e delle proprie sicurezze.

​Come posso capire se soffro di attacchi di panico?

Solo uno psicoterapeuta esperto può diagnosticare con sicurezza un disturbo da attacchi di panico.

Alcuni studi sottolineano che molte persone interpellano più di dieci psicologi prima di ricevere la diagnosi adeguata, e di questi solo 1 su 4 riceve un trattamento appropriato basato su protocolli di efficacia dimostrata dalla ricerca scientifica.

A molte persone accade, comunque, di sperimentare casuali attacchi di panico nell’arco della vita.

Se avete avuto solo uno o due attacchi di panico senza ulteriori disagi, probabilmente non vi è ragione di preoccuparsi.

Uno dei punti cruciali del disturbo di panico è la paura di avere altri attacchi. Se avete avuto ripetuti attacchi di panico (quattro o più) oppure se ne avete avuto anche solo uno ma vivete con la paura di averne altri, potrebbe essere il caso di rivolgersi ad uno psicoterapeuta.
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Il disturbo di panico arriva raramente all’interesse clinico in assenza di altri disturbi.

La presenza di disturbo di panico, infatti, è frequentemente connesso nelle persone che soffrono di altri disturbi d’ansia, in particolare di agorafobia, o disturbi dell’umore, depressione o disturbo bipolare.

​Come compare un attacco di panico?

Le basi neurofisiologiche del disturbo di panico sottolineano un meccanismo imperfetto della “centralina d’allarme” del cervello, l’amigdala.

Si considera che questa sia un’area molto piccola del cervello che in certe persone, comincia a operare a dismisura segnalando l’esistenza di un pericolo anche quando non c’è, così da  causare un immotivato “stato di massima allerta” che coincide alle manifestazioni dell’attacco di panico.

L’attivazione dell’amigdala si diffonde ad altre aree del cervello come l’ipotalamo, responsabile dei sintomi fisici come tachicardia, vertigini, mancanza d’aria, tremor, e la corteccia prefrontale, responsabile delle interpretazioni disastrose date a questi malesseri fisici come sentirsi svenire, morire, e dell’evitamento dei luoghi da cui è difficile allontanarsi o in cui è difficile ricevere un celere aiuto in caso di bisogno.

L’ansia anticipatoria, sarebbe correlata al coinvolgimento di un’altra area del cervello, il sistema limbico.

Nel disturbo di panico entrano in gioco anche diversi neurotrasmettitori, come la serotonina, la noradrenalina e l’acido gabanergico, ed alcuni ormoni, come il progesterone, la cui attività ansiolitica chiarirebbe la ragione per cui il disturbo si affievolisca o scompaia in gravidanza.

Proprio perché sono coinvolti diversi neurotrasmettitori e diverse aree cerebrali è possibile curare il panico da più fronti, sia con i farmaci, che attenuano l’iperattività dell’amigdala, sia con la ipnoanalisi, che potenzia la capacità della corteccia prefrontale di tenere sotto controllo l’amigdala.

​Per quale causa in alcuni individui la centralina d’allarme del cervello opererebbe in modo disfunzionale? 

Indubbiamente è presente una inclinazione fisica su base familiare e genetica, come comprovato dal fatto che  i parenti di primo grado, genitori, fratelli o figli, di chi soffre di disturbo di panico hanno una probabilità di soffrire dello stesso disturbo molto più alta (20%) rispetto a quella delle altre persone (2%) e che questa probabilità è più alta tra i gemelli monozigoti.

​L’importanza dei fattori biologici è confermata anche dall’osservazione che gli attacchi di panico possono essere scatenati, ma solo in chi è predisposto, dall’uso di sostanze stimolanti come caffè, o sostanze stupefacenti quali amfetamine, cocaina, cannabis, o ancora farmaci come ormoni tiroidei, antibiotici e da particolari condizioni ambientali come il caldo che favorisce l’insorgenza, la luce acuta, la diminuzione di ossigeno nell’aria, la riduzione delle ore di sonno o l’inversione del ritmo sonno-veglia.

​ Attacchi di panico e neuroscienze

Nei pazienti con disturbi di panico tre aree cerebrali risultano carenti di una componente fondamentale del sistema chimico di segnalazione che regola le emozioni. La scoperta è da attribuire ad alcuni ricercatori del National Institute of Mental Health degli Stati Uniti in uno studio pubblicato nel 2004 nella rivista "Neuroscience".  

Gli scan cerebrali svelano che, in alcune zone del centro del cervello, un particolare tipo di recettore della serotonina è diminuito di circa un terzo. La scoperta è la prima a mostrare in questi pazienti un'anomalia di questo recettore importantissimo per l'azione di molti farmaci contro l'ansia, e potrebbe chiarire come i geni possono influire sulla vulnerabilità.

Ogni anno, milioni di persone soffrono di attacchi di panico e sperimentano sensazioni di paura acuta e sintomatologia fisica spesso confusi con un attacco cardiaco. Se non diagnosticato e curato, il disturbo può mettere in modo una serie di patologie psicologicamente estenuanti come l'agorafobia, il terrore dei luoghi pubblici. 

​Cosa fare se si soffre di attacchi di panico?

La situazione migliore quando ci si accorge di soffrire di attacchi di panico è quella di rivolgersi ad uno psicoterapeuta al fine di esaminare la condizione psicologica e poter così agire rapidamente.

Nella mia pratica clinica le tecniche che uso più frequentemente per trattare il disturbo da panico sono l’Ipnoanalisi e la Mindfulness.

La letteratura scientifica ha ormai dimostrato come attraverso l’ipnoanalisi e la Mindfulness sia possibile sfruttare e regolare le connessioni mente-corpo.

Un importante lavoro nel quale si è confrontato l’andamento di alcuni gruppi di pazienti trattati con l’Ipnoanalisi e la Mindfulness è quello di gruppi di pazienti che seguivano la stessa terapia con l’aggiunta di moduli di ipnosi, ha fornito risultati interessanti.

Si sono considerarti 19 studi, che hanno dimostrato che i partecipanti del secondo gruppo sono migliorati circa del 80% in più rispetto ai pazienti del primo.

Queste tecniche possono essere utilizzate anche in casi particolarmente gravi, come per pazienti che, per sorpassare la paura hanno iniziato a fare ricorso ad alcol o sostanze. È l’esempio descritto in un articolo del 2005 nel quale gli autori tracciano l’evoluzione di un soggetto dalla prima visita al termine del percorso terapeutico.

La paziente, che prima del trattamento arrivava ad avere tre attacchi a settimana, nell’arco di un mese ha appreso a contrastarli prima che sopraggiungessero attraverso l’Ipnoanalisi. Un follow up di 6 mesi ha confermato l’inalterabilità del risultato.

L’utilizzo di queste due tecniche può consentire a chi soffre di attacchi di panico di imparare a regolare i propri stati interni velocemente ed efficacemente.

Queste pratiche cliniche, oltre a curare gli attacchi di panico, rinforzano il paziente riconsegnandogli l’opportunità di guidare la propria salute psicologica, aumentando così la propria autostima, frequentemente scalfita da questi disturbi.

Diventa così fondamentale cominciare un lavoro su sé stessi e permettere alla mente di compiere un cammino di cambiamento.

Nella maggior parte delle situazioni importanti, c’è sempre un problema o qualcosa che si vuole lasciare alle spalle. Ciò nonostante, sino a quando non accogliamo la difficoltà che sta dietro la sofferenza, come se fosse un regista occulto, oppure un fardello morale che portiamo dietro da sempre e che impediscono di spiccare il volo, non si riuscirà mai a essere appagati pienamente da se stessi.
Tu sei molto più di quello che pensi di essere e hai molte più risorse di quanto pensi di avere!
Parliamo

PARLIAMO   

Dr. Barbara Funaro
Viale Premuda 10                          
20129 Milano  

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Credit Immagini: Jr Korpa
2022 © www.barbarafunaropsicologa.it  - Dr. Barbara Funaro Psicologa  Milano Psicoterapeuta
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