Omogenitorialita' femminile: come vive la maternità una coppia lesbica, ed in che misura la scelta della gravidanza incide sul rapporto di coppia? Immagine credit La modifica della famiglia tradizionale negli ultimi decenniIl modello familiare tradizionale nei paesi occidentali (padre, madre e figli di entrambi) si è modificata notevolmente negli ultimi decenni, includendo diverse possibili conformazioni che si distanziano dal modello tradizionale, o almeno quello che è considerato “tradizionale” nella nostra cultura, un modello che viene da ragioni storiche e sociali note agli antropologi e ai sociologi, e che sebbene non sia sbagliato a priori non può essere visto come incapace di modifiche e di inclusione di nuove realtà, come le famiglie monoparentali, figli che giungono da partner diversi, figli adottivi e coppie omosessuali. Nel caso delle coppie omosessuali femminili è di particolare interesse la relazione con la procreazione medicalmente assistita (PMA) o assistenza medica alla procreazione (AMP). Possiamo fare diverse riflessioni: è infatti nello specifico caso di coppie omosessuali femminili che la PMA, qualora preferita ad altre strade per la maternità (come ad esempio l’adozione), prevede la possibilità che una delle due partner viva effettivamente la gravidanza. Stando ai dati, ad oggi, in alcuni paesi occidentali, le donne senza un partner maschile (single, divorziate e vedove) o con una partner femminile (lesbica) hanno potuto avere figli tramite inseminazione artificiale con seme di donatore per oltre 30 anni. Molte coppie seguono una psicoterapia a fronte di un percorso in preparazione a questo tipo di maternità. Dal punto di vista della sensibilità nulla cambia rispetto alle coppie eterosessuali: il significato stesso della maternità, del figlio, come della sua attesa, è vissuto in egual modo dalle coppie etero come in quelle omosessuali. Ciò che cambia è certamente il contesto, storico, sociale e culturale, che fa vivere diversamente la maternità in queste forme “nuove” di famiglia, in cui l’arrivo di un figlio è naturalmente un aspetto impattante diverso da quello generato nelle coppie eterosessuali. Immagine credit Come vive la maternità una coppia lesbica?Ogni figlio è, in una certa misura, un “impatto”, una novità da gestire ed un nuovo percorso da intraprendere. Alle coppie lesbiche si aggiungono però una serie di aspetti, in parte condivisi da ogni coppia omosessuale, che possiamo attribuire appunto alla relazione con il contesto sociale. Le domande che ci interessano sono le seguenti: come vive la maternità una coppia lesbica, ed in che misura la scelta della gravidanza incide sul rapporto di coppia? Gli studi psicologici e sociologici dimostrano che anche laddove l’omosessualità è tollerata o tutelata a livello legale, esistono ancora problemi di accettazione sociale tali da imporre alle coppie omosessuali dei ragionamenti preventivi prima di costituirsi come nucleo familiare effettivo. In questo contesto, la scelta di una gravidanza da parte delle coppie lesbiche risulta ancora più difficile perché deve tener conto dei pregiudizi sociali. Uno studio del 2004 ha mostrato che il processo attraverso il quale le donne omosessuali diventano madri è irto di sfide, le donne in questo studio hanno discusso e pianificato ogni fase del loro viaggio verso la genitorialità. Decidere se avere figli implica l’integrazione della maternità con la propria identità lesbica. I partecipanti hanno compreso l’identità sociale della maternità, ma hanno lottato con le loro opinioni personali sull’identità lesbica. Hanno ridefinito la famiglia conciliando la maternità con il lesbismo nel contesto di altre madri lesbiche. Per 6 partecipanti a questo studio, l’autoidentificazione come lesbiche ha temporaneamente posticipato il desiderio di avere figli a causa delle difficoltà sociali alle quali si andava incontro. Però, pur esprimendo i loro dubbi sulla genitorialità, non abbandonarono completamente il desiderio materno di avere figli. Alla domanda su quali punti di svolta li hanno portati a credere che la genitorialità fosse una possibilità, alcuni partecipanti hanno affermato che sentire parlare di metodi alternativi, come la PMA, ha permesso loro di pensare di essere genitori nel contesto delle loro relazioni. La frustrazione però può sorgere in quelle coppie che hanno un bisogno di vivere la propria maternità ma si devono confrontare con le aspettative sociali che vedono nel legame di sangue frutto di una maggiore autenticità del rapporto genitoriale (come recita il proverbio inglese: “blood is thicker than water”). Fintantoché si crede vera questa asserzione del tutto culturale è inevitabile che la donna che nella coppia non è quella destinata ad “ospitare” quello che effettivamente sarà il figlio tenda a sentirsi inevitabilmente come un genitore di serie B in una società che dà maggior valore alla genitorialità “di sangue”. Esistono però alcune possibilità che hanno previsto la “partecipazione” di entrambe le partner nella coppia alla gravidanza. In Spagna (Legge 13/2005) i diritti delle coppie omosessuali sono stati parificati a quelli delle coppie eterosessuali.
Questa legge ha reso possibile che entrambe le donne in una coppia lesbica partecipassero alla gravidanza per mezzo di una tecnica che prevede in una delle due partner l’impianto di un ovulo (già fecondato con lo spermatozoo di un donatore anonimo) donato dall’altra partner. Questa tecnica è nota col nome di ROPA (Reception of Oocytes from Partner). Uno studio del 2010 ha concluso che una tecnica simile è effettivamente preferita dalle coppie lesbiche laddove sia per loro possibile accedervi. Questo ci dice molto sul significato della maternità nelle coppie omosessuali, e sul valore che comunque si dà nella nostra cultura al bisogno di un legame diretto con il figlio. A livello tecnico, il processo ROPA non differisce da un normale processo di donazione di ovociti PMA. La differenza è a livello umano per ciò che tale processo implica nella psicologia delle due parti: entrambe le donne infatti sono nella condizione di “partecipare” alla gravidanza grazie alla tecnica ROPA, in quanto una fornisce l’embrione e l’altra lo riceve per la gestazione. Secondo lo studio sopracitato, che ha seguito circa 14 coppie lesbiche, con questa tecnica entrambe le donne desiderano maggiormente sperimentare e partecipare all'avvio di una famiglia in un modo che è molto più coinvolto di quanto non accade quando invece solo una delle due partner si trova a dover “contribuire” per portare a termine la gravidanza. Come rivela un altro studio del 2014, nelle coppie omosessuali lesbiche si viene a creare una condizione di vera e propria “maternità condivisa”, la quale, come tutto ciò che dev’essere condiviso, presenta non pochi problemi. Una volta deciso di diventare genitori, si devono determinare i mezzi con cui farlo. Secondo lo studio del 2004 l’adozione è stata presa in considerazione da tutti i partecipanti tranne 2, e 2 hanno persino completato i corsi di preparazione all’adozione. Tuttavia, tutte le coppie hanno scelto la PMA come metodo di concepimento. La maggior parte delle donne ha scelto la PMA in modo da poter controllare la genitorialità dei propri figli. credit:mammecreative.it La paura di perdere un figlio per una terza persona era troppo rischiosa, quindi non volevano il coinvolgimento di altri genitori. L’utilizzo di un donatore sconosciuto ha eliminato qualsiasi potenziale relazione con una terza parte e questo ha fortemente influenzato la loro decisione. La scelta della madre biologica è stata la successiva decisione critica. Poiché, come abbiamo già detto, il genitore non biologico può sentirsi invisibile alla partner incinta ed escluso dall’allattamento e dal legame di sangue con il bambino, questa decisione è stata particolarmente critica per i partecipanti. Per 4 coppie, il desiderio di una delle due partner di proporsi per la gravidanza ha contribuito a rendere più facile la decisione senza discussioni. Laddove si sia utilizzato un donatore conosciuto, le coppie hanno discusso su chi sarebbe dovuto essere, quale ruolo, in caso, avrebbe svolto nel nucleo familiare e quale documentazione legale sarebbe stata implementata per delineare i diritti e le responsabilità del donatore. Le 2 coppie che hanno utilizzato un donatore noto hanno incorporato precauzioni nel processo richiedendo un accordo di donazione con gli avvocati, che ha causato una tensione iniziale sul loro rapporto con il donatore. L’adozione di un secondo genitore in questo caso richiede che il donatore ceda i suoi diritti “legali” di genitore. Tuttavia, in entrambi i casi, i donatori hanno finito per far parte della vita dei loro figli, trascorrevano del tempo con loro e venivano chiamati “papà”. L’utilizzo di un donatore sconosciuto ha sollevato comunque delle problematiche, inclusa la decisione sulla partecipazione all’identificazione del donatore o ai programmi di donatori fratelli. Sono state anche discusse preoccupazioni per la sicurezza, il supporto e le questioni legali della banca del seme o dell'ufficio medico utilizzato. Sebbene 8 delle 10 coppie abbiano scelto donatori sconosciuti, tutti hanno considerato l'utilizzo di un donatore noto. Per quegli 8, la paura che qualcuno cercasse di portare via il proprio bambino è stata la ragione alla base della decisione di non utilizzare un donatore conosciuto. Tuttavia, i vantaggi di avere un modello maschile o "papà" per i propri figli erano importanti per i partecipanti. Tre coppie hanno condiviso i loro pensieri sulle future ramificazioni della loro decisione di utilizzare un donatore sconosciuto e hanno scelto di non utilizzare il programma di identificazione del donatore. ConclusioneLa decisione di intraprendere un percorso di “maternità condivisa” per una coppia omosessuale non è un’impresa facile. Le donne devono sobbarcarsi una sfida non da poco, che è irta di ostacoli culturali intrisi di opinioni sociali che influenzano notevolmente le loro decisioni e cambiano l’espressività dei loro desideri. L’arrivo di un figlio è sempre un evento di grande impatto psicologico nella coppia, ma laddove al desiderio di genitorialità si incrociano paure e ansie legate al contesto sociale questo impatto può risultare più forte. Il compito della psicoterapia è quello di assistere e sostenere un percorso di grande responsabilità come questa, nel rispetto del desiderio della coppia e del loro bisogno di maternità, prevedendo ed anticipando i possibili conflitti e proponendosi come forza risolutrice in grado di superare queste ansie in modo da poter arrivare forti e preparati all’avventura della genitorialità. Riferimenti bibliografici:
Come coppia omosessuale quali sono state alcune delle vostre decisioni durante il vostro viaggio verso il concepimento e verso la maternità?
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