Uno degli aspetti più peculiari di questa condizione [narcisismo] è senza dubbio la capacità di manipolazione psicologica che il/la narcisista può esercitare sui soggetti da lui/lei circuiti. Egocentrismo e MegalomaniaCome potrete leggere nella sezione del mio sito dedicata al Narcisismo, uno degli aspetti più peculiari di questa condizione è senza dubbio la capacità di manipolazione psicologica che il/la narcisista può esercitare sui soggetti da lui/lei circuiti. Solitamente l’aspetto primario che viene evidenziato nel narcisismo patologico non è tanto quello della manipolazione, a volte del tutto dimenticato, ma quello dell’egocentrismo e della megalomania che effettivamente alcuni narcisisti presentano a causa della introversione autistica che presentano circa la considerazione di sé, riflesso della vera origine del problema: il disturbo relazionale che gli impedisce di accettare la dimensione dell’altro. Il mito di NarcisoTradizionalmente l’uso del termine narcisismo adottato da Näcke, Rank e Freud, fa riferimento al mito di narciso narrato da Ovidio, in cui, come è noto, il giovane narciso si lascia morire di disperazione perché riconosce che l’unica “persona” di cui brama l’amore è in realtà il suo stesso riflesso specchiato nell’acqua. Questo mito può suggerirci numerose riflessioni psicanalitiche, in particolare se facciamo riferimento a Lacan, che ha dedicato la maggior parte dei suoi studi proprio ad analizzare lo stato dello specchio nel processo formativo psicologico, ma anche e soprattutto l’idea di scissione interna a cui lo specchio rimanda. In questo senso, l’io come immagine speculare di sé, dunque immagine irreale, copia “specchiata” (si sa che l’immagine specchiata non è nemmeno geometricamente identica all’originale in quanto non sovrapponibile) è una mera illusione, che porta Narciso alla follia. Ma le riflessioni lacaniane che possiamo fare non si fermano solo a questo mito. Il mito di Narciso infatti deriva da una più antica versione greca, in cui il nostro protagonista, di immensa bellezza, vive circondato da numerosi spasimanti, da lui costantemente respinti per arroganza. Il giovane Aminia era talmente innamorato di lui da accettare qualsiasi cosa pur di dimostrargli questo amore, e Narciso gli chiese di uccidersi come prova. Aminia lo fece proprio di fronte alla casa di Narciso, pregando gli dèi affinché lo vendicassero, ed infatti Narciso, preso dai sensi di colpa, usò la stessa spada per suicidarsi. Si dice che dal sangue versato da Narciso nacque anche per la prima volta l’omonimo fiore, il cui nome già dovrebbe farci riflettere, essendo connesso alla radice del verbo narkáō, che significa “stordire”. Il giovane Aminia è stata, mitologicamente, la prima vittima dell’archetipo del narcisismo, ma chi è veramente Aminia? Una lettura lacaniana che potremmo fare di questo mito ci dice che Aminia è l’altro-da-sé, il sé del protagonista narcisistico però, è un sé autistico, autocentrato, che in quanto tale rifiuta la crisi rappresentata dall’intromissione della dimensione dell’altro, rifiuta quel rapporto di amore che, come scrive Recalcati, si fonda proprio sulla confusione del medesimo nell’altro e dell’altro nel medesimo. Due individui che diventano un solo individuo ma, nel fare ciò, perdono la loro identità per abbracciarne una nuova, più ampia. Già Sabina Špil’rejn si era resa famosa nel circolo freudiano per aver proposto la teoria dell’amore come “morte”. La morte di cui parla Špil’rejn è infatti una morte dell’io dei due amanti, che collassano l’uno nell’altro, però è anche una morte necessaria, perché porta alla nascita di qualcosa di nuovo.
Chi è il narcisista?In questo senso, chi è il narcisista? È colui che non può accettare la perdita del proprio io, perché teme questa morte apparente. Il narcisista è stato portato a vivere una dimensione di sospetto e scetticismo nei confronti dell’altro, non accetta l’altro nella sua vita ma anzi lo teme. Per questo motivo tenta di completarsi in solitudine, aggrappandosi ad un’immagine fittizia di sé, costruita attraverso la scissione del proprio io in un io-speculare. Il narcisista è qualcuno che crede di bastare a sé stesso e che per questo rifiuta ogni rapporto con l’altro. Ma ciò lo rende anche un soggetto potenzialmente pericoloso. A molti di noi può essere capitato di interfacciarci più volte nel corso delle nostre vite con soggetti narcisisti, e la mia esperienza come terapeuta mi ha insegnato che molto spesso le vittime di un narcisista sono inconsapevoli. Anche il narcisista è in qualche modo vittima di sé stesso, in quanto auto-condannato alla solitudine dalla sua condizione. Questa realtà non va dunque vista come una condizione da stigmatizzare o da evitare. Il problema del narcisismo va affrontato proprio permettendo al narcisista di recuperare quella dimensione di affetto reale che non ha mai esperito, e di cui ha una grande paura. La mia via terapeutica punta proprio a recuperare questa consapevolezza. Ma che dire invece di coloro che sono intrappolate in una relazione narcisistica? Queste vittime spesso sono personalità fragili, molto emotive, con una grande empatia ed una grande generosità, che sentono di avere molto da donare al prossimo, ma al tempo stesso non hanno la forza mentale tale da riconoscere quando questi loro doni non vengono realmente apprezzati, ma usati solamente per portare avanti una condizione patologica di cui il narcisista in qualche modo si nutre. Il narcisista infatti, pur credendo di poter fare a meno delle altre persone, in realtà ne ha bisogno, ma non volendo ammettere questa sua umana necessità preferisce trattare le persone come oggetti, servirsene dunque per soddisfare i suoi bisogni primari, evitando invece tutto ciò che riguarda la costruzione di un legame umano saldo e stabile che implichi lo scambio di emozioni, che il narcisista teme. Non a caso, Alexander Lowen ha definito il narcisismo come “negazione del vero sé”. Questo implica che il soggetto narcisista è in realtà una personalità incredibilmente cinica, astuta e con enormi doti manipolative. Conosce molto bene la psicologia umana, e si serve di queste sue doti non per aiutare il prossimo, ma per vincolarlo in un rapporto fatto di sensi di colpa, bisogni morbosi e legami patologicamente saldati. Il narcisista si nutre dell’altra persona, ma non dà sé stesso in cambio. La sua soggettività viene nascosta, segregata in un angolo dell’inconscio di cui nemmeno il narcisista stesso ha l’accesso. Tutto ciò che rimane al di fuori è invece una personalità costruita e strutturata in modo tale da risultare bisognosa, con costante necessità di attenzione, capace di piegare le emozioni dell’altro a suo uso e consumo. La “vittima” del narcisista potrebbe sentirsi costantemente in colpa, inadeguata, incapace di ricevere amore, e questo avviene proprio perché a fronte di un costante donare richiesto dal narcisista tutto questo non viene ricambiato. ConclusioneSe sei vittima di un narcisista o senti che i tuoi atteggiamenti sfruttano le altre persone e vuoi uscire da questa condizione ti offro una alleanza terapeutica attraverso un percorso di analisi e crescita personale. Ciò che valorizzo di più nelle mie sedute è sempre la soggettività dell’altra persona, portare alla luce ciò che è stato soffocato da traumi, modelli educativi errati e difficoltà sociali. Nessuno è vincolato alla propria condizione né è condannato a soffrire. Alcune letture sul narcisismo manipolativo
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