Gli effetti psicologici della pandemia. L’essere umano ha come bisogno primario quello di rapportarsi ad altri, ne ha bisogno come l’aria che respira ed il cibo che mangia. Danni neurologici sui bambini e adolescentiDa ormai un anno a questa parte la psicoterapia sta affrontando una nuova sfida: un aumento vertiginoso di disturbi mentali, disagio e sofferenza psichica, causati dalle conseguenze dell’isolamento e della perdita del contatto umano. Aristotele diceva che l’essere umano è un animale sociale, ma questa popolare espressione spesso non viene riconosciuta come un dato di fatto comprovato anche dalle scienze sociali e psicologiche. L’essere umano ha come bisogno primario quello di rapportarsi ad altri, ne ha bisogno come l’aria che respira ed il cibo che mangia. La privazione delle condizioni in cui i legami sociali possono svilupparsi e fortificarsi coincidono con un aumento di disagi di ordine psicologico non indifferenti. Basta cercare alcune parole chiave sui motori di ricerca dedicati agli articoli scientifici, come “pandemic” e “psychological problems” per rendersi conto di come l’isolamento dell’animale sociale porti a danni talvolta anche irreversibili. E non basta essere nell’era dei social per attutire queste gravi conseguenze. La distanza reale non può essere colmata dai contatti multimediali, i quali possono solo temporaneamente, e per brevi periodi, darci l’illusione di una presenza, la quale è comunque mediata da un muro gigantesco e al tempo stesso sottile come lo schermo di un tablet. Da quando i governi di tutto il mondo hanno dovuto ricorrere ai lockdown per far fronte alla crisi pandemica, gli psicologi e i sociologi hanno dovuto constatare sempre di più come queste drastiche misure abbiano avuto delle conseguenze però ancora più drastiche sulla salute mentale dei singoli. Non c’è da stupirsi, ma al tempo stesso la situazione presente è alquanto delicata, e coinvolte fattori psicologici, sociali e clinici che sono stati a lungo tempo messi in secondo piano. Una psicoterapia consapevole non può ovviamente tirarsi indietro di fronte a queste sfide, e il suo compito è quello di trovarsi preparata alla sfida che la crisi ci impone. Disturbi psicologici nel lockdown Il 10 Marzo del 2020 il governo italiano opta per la drastica decisione che in questi giorni, a distanza di un anno esatto da quegli eventi, sembra riproporsi in forme diverse: una chiusura nazionale. Ancora il panorama scientifico non pullulava di tutti gli studi psicologici, psicoanalitici, antropologici, sociologici e neurologici circa i danni mentali che una simile decisione avrebbe portato, eppure il disastro era prevedibile, bisognava solo essere preparati ad affrontarlo. Ma andiamo con ordine. L’emergenza ha trascinato verso uno strapotere della tecnica, la quale ha imposto le sue decisioni rigide e drastiche, costringendo i governi ad accantonare le esigenze dei singoli, i quali si sono ritrovati soli, chiusi nelle loro quattro mura domestiche, spesso inascoltati nella loro solitudine, mentre il mondo fuori collassava. Molti hanno dovuto assistere passivamente alla perdita del loro lavoro e di ogni certezza, mentre al contempo vivevano una prigionia imposta, magari in convivenza con altre persone altrettanto stressate e disilluse, ma anche chi ha esperito un lockdown solitario ha dovuto fare i conti con molti demoni. Oltre a questo, abbiamo assistito ad una crescente sfiducia sociale, un aumento della paura e delle angosce primordiali dell’umanità che hanno portato ad una società del sospetto e del terrore. Il mondo là fuori è ora percepito da alcuni come il luogo di quei mostri che ci hanno costretto in casa, e se da un lato la casa è divenuta il luogo della sociopatia, in cui soffriamo per la deprivazione e lo sfaldamento dei legami umani, necessità primaria dell’essere umano, dall’altro l’esterno è ancora percepito come quel mondo di minacce in cui il mio prossimo non è più qualcuno da accogliere, ma un potenziale nemico, un untore. In questo contesto, l’aumento di disturbi psicologici nelle condizioni di lockdown a cui abbiamo assistito è stato a dir poco vertiginoso:
Sono soprattutto i giovani a soffrire quella che viene sempre più spesso definita come una “psico-pandemia”, una pandemia parallela a quella virale, causata dalle restrizioni applicate per combattere quest’ultima, ma che appunto portano inevitabilmente a delle conseguenze gravi dal punto di vista della salute mentale.
Le esigenze di serenità mentaleDurante il primo lockdown non sono state tenute in doverosa considerazione le esigenze di serenità mentale, e si è pensato che il sacrificio nazionale di cui veniva chiesto a tutti di farsi carico sarebbe bastato come giustificazione per evitare la catastrofe, ma così non è stato: la deprivazione dei rapporti umani primari, la separazione dagli affetti, l’impossibilità di costruirsene di nuovi, la solitudine imposta, l’isolamento, poter guardare il nostro prossimo solo attraverso uno schermo fino ad abolire ogni contatto umano “in vivo” ha avuto conseguenze devastanti anche a livello neurologico. Secondo Rosanna Chifari Negri, neurologa autrice di oltre 70 lavori scientifici, alcuni danni sono irreversibili: disturbi dell’umore (tra cui un aumento della depressione), ansia, disturbi comportamentali, aumento delle dipendenze da alcol e abuso da sostanze stupefacenti, disturbi alimentari. Altrettanto gravi sono i disturbi cognitivi. Se da un lato la DAD ha consentito la prosecuzione delle attività didattiche nelle scuole, dall’altro non ha potuto far altro che diminuire drasticamente le capacità cognitive dei giovani studenti, che non traggono giovamento dalla modalità telematica per le giovani menti, come dimostra ad esempio lo studio di Eleonora Fiorenzato sui “Cognitive and mental health changes and their vulnerability factors related to COVID-19 lockdown in Italy”. ConclusioneIn questo contesto, la psicoterapia può fare ben poco, ma deve fare comunque molto, perché nella condizione in cui anche il supporto psicologico viene relegato ad una distanza, e separato da uno schermo, ciò che banalmente possiamo chiamare setting, ossia tutto quel contesto attorno ad un ambiente sicuro in cui avviene lo scambio tra paziente e terapeuta, viene enormemente danneggiato. Il setting “telematico” ovviamente non è abbastanza, anche se abbiamo dovuto farcelo bastare. Tuttavia, quel che bisogna tenere presente in questa circostanza è una lezione che non abbiamo ancora imparato: quanto è importante la salute mentale, e quanto il supporto psicologico sia diventato fondamentale, sebbene forse ancora troppo svalutato nella società contemporanea. La stessa salute mentale non può essere svalutata o relegata alle funzionalità tecniche di un’app. Cosa ne pensate? Alcune letture
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