Paura di andare dallo psicologo? Chi intraprende un percorso di psicoterapia è una persona coraggiosa perché è disponibile a individuare di avere un problema e, a porre a confronto modi di fare o aspetti mentali che gli procurano fastidio. La paura di chiedere aiuto allo PsicologoDebolezza, senso di paura sono espressioni rivestite di dubbi, vergogna che spesso svegliano inquietudine, altre spavento, altre ancora turbamento. La definirei una scatola di pianti bloccati e affetti non gridati. Accade che quando si incontra chi attraversa una sofferenza acuta o sta lottando in uno scontro intenso, ha timore di disingannare, ha terrore di non essere visto a sufficienza agli occhi di chi lo considera, in realtà è atterrito dalla percezione di sentirsi diverso da quello di cui era certo. La debolezza, per un pensiero annientato dall’angoscia, è come l’instabilità per la mancanza di bilanciamento. Tutto ciò può divenire una prospera protezione dove spesso si può rintracciare parti di se e modificare il bruciore di una piaga in una rinnovante opportunità di nuova nascita. La debolezza e la sofferenza hanno sempre la possibilità di venir spaccate nel setting clinico anche se qualche volta accade ci si sforzi oltre misura a snidarle e a persuaderle che esiste una posizione di onorabilità a loro serbato. La debolezza permette l’ingresso a quella parte di se che non prova l’esigenza di celarsi nelle finzioni imposte dalle tradizioni e dalle attese altrui. Quella porzione di vissuto che non ha timore di rispecchiarsi nella propria parte scura e con la possibilità di annetterla nell’Io. E distaccarsi dalle finzioni è amaro e implica una immensa ricostruzione dell’immagine che abbiamo di noi stessi. Principalmente è un tracciato che prosegue incessantemente in una evoluzione interiore, di fatto senza mai raggiungere una reale conclusione, in cui si assimilano anche i lati in minor misura gradevoli di se stessi e si struttura così una forma più concreta di quella mitizzata e che ci soddisferebbe tanto manifestare. Per questo prima di andare fuori sarebbe valido scrutarsi nello specchio e appurare che la mente sia in scompiglio e gli ideali quanto basta arruffati. E in seguito rifiutare il convenzionalismo elevato a morale e reclamare con fierezza le proprie carenze. Accogliendo la possibilità che i dubbi ciondolino soffici sulle spalle, coscienti del fatto che chi possiede eccessive sicurezze, solitamente possiede anche un’esigua creatività. La sofferenza ci percorre tutti come la allegria, le cose inaspettate, la bellezza. Non esiste alcuna esistenza che possieda una corsia preferenziale per esserne dispensata. Non sussistono sconti o categorie privilegiate e non è vero che si manifesta sempre come un insegnamento epocale perchè se realmente la sofferenza distribuisse lezioni, il mondo sarebbe affollato da soli saggi. E invece la sofferenza non concede la possibilità di ammaestrare chi non percepisce l’audacia e l’energia di prestargli attenzione. Riconoscersi e imparare ad accettarsi in fondo è il lusso più elevato che ci si possa accordare perchè raffigura la morbida riparazione con le proprie paure e imperfezioni. E rappresenta il primo scalino per impossessarsi di ciò che realmente si consegue senza appagarsi di ciò che è solo casualmente a portata di mano. Qualsiasi piaga nascosta, per quanto celata da risi o dissimulata da maschere ombrose, seguiterà ad ardere se si persevererà ad innalzare la musica dei propri pensieri più disubbidienti pur di non prenderne in considerazione l’esistenza. La sofferenza educa solo se scortata dalla forza di elaborarla, dall’ audacia di non lasciarsene soggiogare e dalla consapevolezza di sentirsi feribili. Alla fine, ci si avverte più forti proprio in quegli elementi in cui ci si è frantumati, quelli rammendati con la coscienza che essere vulnerabili è una delle tante forme per volersi bene. Per questa ragione accade che quando si parla con amici o parenti e si discute di sofferenza, si prova un’emozione di dubbio e paura a recarsi dallo psicologo.
Perche' il timore di andare dallo psicologo o psicoterapeuta?A cosa è dovuto questo timore, che spinge tantissime persone a rinunciare a un eventuale percorso che risulterebbe invece utile alla loro serenità? La trasformazione è vista infatti da molti individui con preoccupazione. Tra i principali motivi dietro a questo sentimento possiamo trovare il fatto che, in linea di massima, l’essere umano fa molta fatica a slegarsi da quello che gli è familiare, anche se si tratta di elementi contraddistinti da un equilibrio transitorio. Normalmente se si hanno delle fragilità si tende a considerare: “è solo un istante, andrà via” o “la supererò da solo”. Addirittura a volte si ha già il biglietto da visita di uno psicologo custodito nella borsa, ma prima di pensare al suo sostegno si percorrono strade senza orizzonti nell’attesa che la problematica si sciolga da sé. Si rinvia, pur accertando che la forza di volontà o il dialogare con parenti e amici non è adeguato e, che il disturbo è troppo faticoso perché possa risolversi naturalmente. Si trascura che l’aspettare facilmente trascina quella che era solo una problematicità, in una reale patologia. Altre persone vivono il fatto di andare dallo psicoterapeuta come un segno di sconfitta o di debilitazione, e meditano: “Non sono sufficientemente vigoroso se non conseguo gli obiettivi,” ma la realtà è che domandare aiuto è segno di maturo riconoscimento ed energia. E’anche reale il fatto che spesso non si ha chiaro la funzione dello psicologo. Accade che comunicando con le persone mi senta dire: “anch’io sono un po’ uno psicologo”, questa espressione sottolinea un particolare preconcetto, ovverosia che lo psicologo sia solamente una persona empatica che elargisce suggerimenti. Ma lo psicoterapeuta è formato per anni sullo studio del funzionamento mentale delle dinamiche relazionali ed emotive oltre che sulle tecniche terapeutiche più idonee ad assistere la persona e sciogliere il problema mostrato, sia esso una problematica di coppia, familiare, un lutto o una vera patologia clinica, come un disturbo d’ansia, ad esempio. ConclusioneTutti abbiamo debolezze e compiamo errori, ma quando questo pregiudica la nostra qualità di vita o quella dei nostri familiari, è sciocco non ricercare l’aiuto di chi può farci star meglio. Si tratta solo di individuare di non possedere gli attrezzi adeguati per combattere e chiarire il problema. Afferrare il telefono e comporre il numero che teniamo nella borsa da mesi è il segnale che aspiriamo a cambiare le situazioni, e lo faremo noi, in prima persona, ma con l’appoggio di chi, dopo aver valutato la circostanza e quello che abbiamo fatto fino a quel momento e che non ha agito adeguatamente, apparirà in grado di dotarci di piani nuovi e finalizzati per il problema mostrato. Chi intraprende un percorso di psicoterapia è una persona coraggiosa perché è disponibile a individuare di avere un problema e, a porre a confronto modi di fare o aspetti mentali che gli procurano fastidio. Come per qualunque percorso che presuma una evoluzione, anche la psicoterapia auspica responsabilità e un po’ di sforzo. L’obiettivo è di diminuire il dolore e migliorare nettamente la qualità di vita. Avere degli attimi di paura è usuale, così come commettere degli errori. Si erra spesso: si sbaglia col partner, coi figli, sul lavoro e a volte nel rapporto con se stessi. L’unico vero errore e orrore è indugiare nell’osservare inattivi la nostra sofferenza. ![]() Puoi venirmi a trovare a Spazioorbita in Viale Premuda 10, Milano. Contattami via email [email protected]
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