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Conseguenze psicologiche dell’infertilita'

7/6/2021

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L’impatto dell’infertilità sul funzionamento psicologico, emozionale, coniugale e sessuale della coppia appare evidente ed i vissuti connessi possono innescare condizioni patogene in relazione ad una quantità di fattori individuali e di coppia, cognitivi ed emotivi, clinici e sociali.
una coppia che si abbraccia

Infertilità di coppia

Secondo Righetti, l’uomo e la donna infertili mancano di una possibilità evolutiva non solo fisicamente, ma anche psicologicamente: questa mancanza può inficiare il benessere e l’equilibrio psichico fino a portare a psicopatologia.

L’impossibilità nell’esplicitarsi della propria potenzialità genitoriale conduce la coppia ad affrontare una vera e propria crisi di vita, caratterizzata da molteplici vissuti di perdita da una varietà di risposte emozionali che investono ogni aspetto della vita dei singoli e della coppia, attaccando le motivazioni di competenza e di controllo, generando una condizione altamente stressante che minaccia anche gli ambiti dell’impegno lavorativo e degli interessi culturali: tale condizione configura un quadro psicologico paragonabile soltanto all’esperienza di morte o di divorzio, nel quale il dolore associato all’infertilità assume le forme del dolore per la morte del figlio.

La donna sterile vive la sua condizione come assenza di un figlio e mai come una inesistenza, pertanto è opportuno valutare la differenza tra ciò che non è mai giunto all’essere e ciò che è riconducibile ad uno sfondo di presenza: il vuoto nel grembo della donna sterile non corrisponde alla pienezza delle proiezioni fantasmatiche nel mondo rappresentazionale.

Vegetti Finzi osserva come prima di esistere nel corpo il figlio vive nell’immaginario inconscio da dove nulla potrà espellerlo, in quello spazio mentale creato appositamente dalla coppia che esprime reazioni emozionali intense ascrivibile ad un generale sentimento di perdita di qualcosa che non è ancora possibile identificare con chiarezza. 

La coppia infertile vive un’esperienza simile al lutto, in cui l’estinto è il bambino immaginario, produzione fantastica dell’infanzia fissata nell’orizzonte delle rappresentazioni mentali.

L’impossibilità di elaborare un lutto che preclude il la proiezione nel tempo della propria identità biopsicologica e sociale e minaccia il desiderio di immortalità è determinata da una diagnosi di sterilità che, secondo Martinelli, paralizza immediatamente la vita fantasmatica interiore e rappresenta un attentato all’immagine di sé ed all’ideale dell’Io e fa cadere preda di angosce di abbandono, senso di inconsistenza, di aridità, con sensazioni di rabbia, di depressione, inferiorità e mancanza di desiderio.

Infertilità: le fasi del lutto

Ho individuato due tipologie generali di lutto nei vissuti di perdita della coppia infertile:
​
  1. con lutto ricorrente o mensile si intende quel tipo di lutto che si rinnova periodicamente ad ogni ciclo mestruale che sancisce la preclusione della gravidanza. Si tratta di uno stato che interessa le coppie che hanno attraversato un percorso diagnostico e terapeutico per la ricerca di un proprio figlio e che avendo sperimentato un insuccesso presso un centro insistono nella ricerca spasmodica di nuove terapie, in modo da evitare il momento dell’analisi e della riflessione che potrebbe comportare un dolore ancora maggiore.
  2. con lutto stabile ci si riferisce ad un lutto vero e proprio la cui rielaborazione coinvolge anche il bambino immaginario. Si piange l’assenza del figlio, la perdita della persona che poteva essere, già delineata nello spazio progettuale della coppia, e che assume comunque caratteri di vivissima presenza, generando un dolore difficile da gestire in mancanza di corrispettivi consolatori effettivi che possano mediare il vissuto di perdita.

Più in generale, il sentimento predominante di perdita interessa ambiti differenti all’interno dei quali è possibile verificare l’attivarsi di stati ansiogeni o depressivi che concernono:

  • la perdita della potenzialità genitoriale e della possibilità di trasmissione del proprio patrimonio genetico.
  • la perdita del bambino ideale e fantasticato sopra descritta e di tutto il repertorio di aspirazioni, figure e rappresentazioni che si raccoglievano attorno al desiderio di paternità e maternità; ï la perdita del senso di normalità in relazione al contesto sociale di riferimento.
  • a perdita del prestigio personale.
  • la perdita della sicurezza, della fiducia in sé stessi e dell’autostima.
  • la perdita della progettualità vitale e degli obiettivi comuni ed individuali precedentemente tracciati.
  • la perdita della funzionalità sessuale e della soddisfazione coniugale.

In particolare, il sentimento di perdita dell’autostima associato alla constatazione dell’incapacità di procreazione ed al fallimento di un progetto di vita familiare acuisce la consapevolezza di non poter attendere le aspettative familiari e sociali entrando compiutamente nel ruolo di genitori.

Le dinamiche psicologiche conseguenti alla diagnosi di infertilità mostrano la pervasività di tale esperienza nello status affettivo della coppia e nella capacità di gestire positivamente le relazioni interne ed esterne e si estende all’ambito sociale e lavorativo.

La ricerca di un figlio acquista dunque una rilevanza prioritaria sotto tutti gli aspetti e si pone quale obiettivo imprescindibile comportando una sorta di sindrome da desiderio di figli.

Desiderio di un figlio

Molte donne ammettono che il loro soverchiante desiderio di un figlio avvelena il loro spazio psicologico interiore; questo vissuto psicologico opprimente determina non solo una sterilità fisiologica ma anche una sterilità relazionale, in quanto le risorse attentive si volgono esclusivamente all’elaborazione del vuoto percepito nel ventre.

Tale condizione impedisce a donne nel fiore della loro vita di accettare il fatto che non a tutti i fiori è data la possibilità di produrre un frutto e che per questo motivo non si deve considerare la fioritura unicamente come preludio al frutto e credersi, dunque, derubate del proprio valore intrinseco poiché avere figli non è la cosa più naturale del mondo, come invece si asserisce, ma solo una capacità posseduta da molte.

L’infertilità può essere vissuta dunque come trauma narcisistico il cui superamento non si esaurisce nelle possibilità concrete che la tecnologia medica offre di risolvere il  problema, ma contempla interventi di sostegno che possano studiare la struttura caratteriale dei soggetti sul piano individuale ed osservare le dinamiche di coppia al fine di stimolare o ristabilire la ricerca di un equilibrio soddisfacente.

Il compito intrapsichico che le coppie si trovano ad affrontare muove dall’accettazione della condizione problematica ed include progressivamente la capacità di far fronte alle pressioni sociali, la rielaborazione del lutto derivante dall’esperienza della perdita dell’ideale di sé e della propria immagine corporea, la riflessione sull’importanza della genitorialità e la riconsiderazione delle motivazioni che spingono ad avere un figlio, per giungere alla decisione circa l’eventualità di intraprendere un iter diagnostico e terapeutico modulato sulla base delle caratteristiche specifiche e dei vissuti fisiologici e psicologici in atto.

A tal proposito, alcuni scienziati hanno proposto una modellizzazione della sequenza emotiva delle risposte che accompagnano l’accertamento e la diagnosi di infertilità.

​I contributi principali appaiono quelli avanzati rispettivamente da Monga e McMahon. Monga suddivide la reazione emotiva alla diagnosi di infertilità nelle fasi seguenti:

  • sorpresa: non avendo mai dubitato circa la propria potenzialità procreativa o avendo utilizzato metodi contraccettivi precedentemente alla decisione di avere un figlio, i soggetti manifestano un pregiudizio positivo riguardo alla possibilità di concepimento e pertanto la reazione primaria alla diagnosi di infertilità ha i caratteri del sorprendente.
 
  • rifiuto: i soggetti tendono a voler negare in ogni modo gli effetti della propria condizione di infertilità. Si tratta di una risposta del tutto coerente e non problematica se limitata ad un breve periodo, ma che può diventare patologica nel caso in cui si protragga nel tempo giungendo ad una negazione del problema.
 
  • rabbia: l’impressione di aver subito un’ingiustizia e di non meritare la condizione di infertilità costituisce una risposta psicologica normale, se non protratta nel tempo e non rivolta contro altri, in caso contrario può assumere risvolti patologici. L’incapacità di realizzare una progettualità condivisa genera nella coppia infertile la percezione di non riuscire a raggiungere un obiettivo alla portata di tutti, suscitando sentimenti di invidia nei confronti delle coppie che riescono a vivere con serenità il proprio percorso genitoriale.
 
  • isolamento: i soggetti tendono a ritirarsi dalla vita sociale ed sottrarsi ad occasioni di confronto con familiari ed amici o a situazioni che possano ricordare la propria condizione di infertilità. Tale stato può determinare stress e tensione tali da generare disagio e incomprensioni nei domini della sessualità e della relazione. La fuga nell’isolamento costituisce una reazione altamente rischiosa in quanto il disagio sperimentato all’interno della coppia spinge a confermare e consolidare il vissuto di solitudine: l’allontanamento dalle relazioni innesca un circolo vizioso con la percezione di solitudine, poiché l’incomprensione presunta o reale del mondo esterno riguardo alla propria sofferenza preclude il beneficio di riuscire anche momentaneamente a sfogarsi e a liberarsi delle emozioni negative. D’altronde, il timore di una intrusione eccessiva a fronte di una sofferenza inspiegabile prevale sul malessere dettato dall’impossibilità di aprirsi completamente agli altri, per cui la coppia delimita nettamente lo spazio della sofferenza e chiude ogni canale comunicativo con l’esterno.
 
  • ​colpa: attraverso l’elaborazione del senso di colpa o la colpevolizzazione dell’altro, circostanze frequentemente riscontrabili, i soggetti attuano dei tentativi per giustificare o mitigare la condizione di infertilità. Nella ricerca di spiegazioni plausibili all’infertilità, si attivano credenze disfunzionali finalizzate al rinvenimento di scelte o comportamenti negativi del passato che possano renderne giustificazione. La condizione di infertilità si configura in questo processo di attribuzione quale evento punitivo in relazione ai possibili errori rintracciati, per cui il senso di colpa individua una modalità di espiazione. Nei casi di sterilità funzionale ascrivibile con certezza ad uno dei membri della coppia, il partner portatore del problema vive in modo drammatico la propria responsabilità nei confronti del partner sano e nel fallimento delle aspettative genitoriali. D’altro canto, il partner sano sperimenta emozioni negative nei confronti del coniuge: tali sentimenti distruttivi e i vissuti di colpa ad essi associati portano al timore del deterioramento e della perdita del rapporto e pregiudicano fortemente l’equilibrio coniugale.
 
  • dolore: il sentimento di perdita della vita potenziale scaturito dall’assenza del figlio immaginato rappresenta uno stadio decisivo e necessario affinché possa essere avviata una risoluzione positiva delle dinamiche psicologiche scatenate dalla diagnosi ed una ricerca concreta di strategie e percorsi che possano determinare un’evoluzione positiva della condizione problematica. Lo studio di McMahon illustra la gamma delle reazioni che interessano progressivamente la coppia alla quale viene diagnosticata l’impossibilità di procreare.
 
  • ​shock, incredulità: la fertilità viene comunemente considerata quale un’attitudine innata per cui la diagnosi di infertilità interviene a provocare un piazzamento rispetto alla perdita di qualcosa che si credeva di possedere per certo. Inoltre, il contatto diretto con i centri di diagnosi e terapia dell’infertilità durante le visite apre alla scoperta dell’elevato numero di coppie che non riescono a realizzare naturalmente il desiderio di genitorialità: tale scoperta amplifica la consapevolezza della sofferenza che la coppia infertile vive quotidianamente.
 
  • rifiuto, negazione: tale atteggiamento può essere valutato in una prima fase alla stregua di una difesa adattiva che consente di accettare la situazione. Il perdurare nel tempo di questo meccanismo di difesa può essere considerato indice di psicopatologia. L’incapacità di razionalizzare le difficoltà fisiologiche che impediscono il concepimento suggerisce un elemento di criticità nel confrontarsi con la propria sofferenza e gestire le risposte negative. La tendenza a non voler prendere atto della realtà può spingere alla ricerca ossessiva e compulsiva del concepimento, innescando un meccanismo di accanimento terapeutico che compromette la funzionalità della coppia nell’area professionale, sociale, affettiva.

  • ​rabbia: la diagnosi di infertilità viene letta quale il perpetrarsi di un’ingiustizia e rende la coppia inerme a fronte del succedersi degli eventi. L’incapacità di esercitare un controllo esaustivo sui propri vissuti spinge alla percezione di una sorte inesorabilmente affidata all’azione dei medici o del destino, e dunque ad una ulteriore perdita di controllo che innesca una reazione disadattiiva.
 
  • aggressività: la coppia attiva comportamenti aggressivi autodiretti oppure eterodiretti, nei confronti di familiari o medici, visti come freddi o incompetenti.
 
  • tristezza, depressione: maggiormente nelle donne, insorgono sentimenti disforici, ansia o depressione lieve, ed in casi particolarmente gravi, disturbi dell’umore. La perdita dell’illusione di genitorialità e l’inaccettabile sofferenza esperita investono la coppia a livello relazionale ma anche e soprattutto individuale. Le previsioni di insuccesso del trattamento aumentano il manifestarsi di reazioni depressive quali pianto, sconforto, senso d’impotenza e generano un malessere diffuso e profondo.
 
  • risoluzione: accettazione della propria condizione: una larga maggioranza delle coppie giunge a questo stadio, elaborando profondamente la propria condizione e ponendo le basi per il passaggio allo stadio successivo.
 
  • azione: le coppie entrano in un’ottica di risoluzione e superamento del problema, che può essere il ricorso a trattamenti di procreazione medicalmente assistita, l’adozione o l’accettazione consapevole e razionale della propria condizione.
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Disturbi o stati psicologici codificati

Altri studiosi hanno offerto una lettura delle risposte emotive all’infertilità in termini di disturbi o stati psicologici codificati:
​
Il modello di Hill, ad esempio, afferma che l’infertilità costituisce un disturbo d’ansia postraumatico, poiché l’incapacità di avere figli travalica il raggio d’azione dell’esperienza umana della maggior parte della popolazione ed è vissuta quale un evento privato isolante e fonte di disagio, rinnovato periodicamente dalla comparsa del ciclo mestruale che sancisce un obiettivo non raggiunto o dagli eventuali stimoli esterni che possono rammentare la perdita subita, per cui si segnalano collaterali emotivi quali perdita di interesse per le attività quotidiane, insonnia, rabbia, difficoltà di concentrazione, perdita d’entusiasmo vitale.

Flemming definisce l’infertilità uno stato patologico cronico che una coppia non risolve mai completamente e rispetto al quale deve ricercare un equilibrio adattivo, poiché anche in presenza di una eventuale gravidanza la diagnosi entra a far parte stabilmente della storia di coppia, per cui occorre limitarne al minimo gli effetti negativi e valorizzare al contrario versanti positivi della relazione.

In relazione alle sequenze emotive descritte, è opportuno considerare brevemente i fattori concordemente identificati che possono mediare la qualità e la tipologia della risposta psicologica alla diagnosi di infertilità e che vengono individuati in:

  • durata dell’infertilità, che esercita un’influenza diretta sul livello dello stress psicologico nel tempo.
 
  • procedure diagnostiche adottate per l’accertamento terapeutico, le quali possono attivare stati ansiogeni a causa dei molteplici test ai quali i soggetti devono sottoporsi e della preoccupazione circa la prognosi.
 
  • l’attribuzione della responsabilità della diagnosi ad un membro della coppia portatore della mancata capacità riproduttiva implica ripercussioni negative sull’uomo o sulla donna ai quali viene diagnosticata l’infertilità.
 
  • il maggiore o minore livello di certezza della diagnosi o di reversibilità della prognosi incide tangibilmente sul funzionamento psicologico, in quanto una diagnosi certa può generare vissuti molto differenti rispetto ad una diagnosi incerta, come dimostrato da studi che attestano una migliore qualità della relazione delle coppie per le cui donne è stata diagnosticata una infertilità organica rispetto alle donne che soffrono di infertilità inspiegata e che pertanto non riescono a godere di una comprensione e di un sostegno adeguati.
 
  • differenza di genere riguardo alle risposte ad uno stesso evento traumatico. Le conseguenze psicologiche derivanti dai vissuti della coppia infertile sono riconducibili a quattro grandi aree che occupano interamente lo spettro esperienziale dei soggetti, a partire da risposte a carattere personale come la depressione, ansia e crollo dell’autostima, per arrivare a risposte a carattere sociale come l’isolamento fino a disturbi psicosomatici collegati ad una menomazione nella rappresentazione del sé o a disfunzioni sessuali.

Infertilità e depressione

​La reazione di tipo depressivo è secondo Mahlstedt una risposta piuttosto comune alla diagnosi di infertilità e può assumere un carattere episodico legato a momenti di particolare sconforto quale può essere ad esempio la ricomparsa del ciclo mestruale o al contrario rappresentare una specie di maledizione quotidiana quando intacca in modo durevole il complesso delle esperienze della coppia. 

La risposta depressiva può derivare dalla condizione di stress prolungato legata all’infertilità ma anche dal sentimento profondo della perdita che coinvolge le modalità dell’individuo di rapportarsi a sé stesso ed agli altri: l’infertilità compromette l’immagine del Sé in termini di attrattività, spontaneità sessuale, funzionalità e salute fisica. 

In particolar modo, il corpo viene percepito come danneggiato o difettoso poiché ogni disturbo fisico diagnosticato viene vissuto come una menomazione del corpo simbolico, dell’immagine di sé che ognuno si crea nella propria fantasia, dove però non esiste alcuna divisione tra fisico e psicologico. 

Il quadro generale contribuisce alla creazione di una immagine distruttiva del Sé
, dove l’infertilità è percepita con un insulto alla propria autostima, che subisce pericolose fluttuazioni segnate dall’alternanza dei sentimenti di speranza o delusione che caratterizzano il percorso diagnostico e terapeutico.

Il riflesso sociale della diagnosi di infertilità è una particolare condizione di solitudine e di incapacità di intrecciare relazioni positive con il mondo esterno che implica l’estensione della sterilità biologica alla sterilità sociale, con il rifiuto della compagnia degli altri, nella quale appare rilevante il sentimento dell’invidia che si manifesta nella volontà di voler sottrarre o compromettere per qualcuno che ne sia in possesso una proprietà desiderabile, circostanza che acuisce la tendenza delle coppie infertili ad evitare contesti o situazioni in cui potrebbero avvertire una pressione a procreare da parte di familiari o amici.
coppia sdraiata sul letto abbracciata
​ Il distacco ricercato dunque contribuisce a mascherare il sentimento dell’invidia ed il senso di vergogna ed inadeguatezza dovuto all’incapacità di assolvere alla richiesta di generazione che la società rivolge ad ogni coppia: amarezza, opprimenti sensi di colpa, paura di essere esposte al pubblico ludibrio per non essere in grado di fare ciò che ogni mucca fa rafforzano nella donna l’isolamento e il ripiegamento su sé stessa. 

Si  osserva come la condizione di infertilità possa inficiare la qualità del rapporto di coppia sul piano della comprensione reciproca: ciascuno dei partner sviluppa modalità specifiche in risposta alla frustrazione e l’incapacità di gestire sentimenti negativi unita alle difficoltà comunicative generate dall’esaurimento delle emozionali e dal venir meno dell’apertura e del sostegno reciproco, provoca reazioni di risentimento o di abbandono che possono portare talvolta alla separazione: i due partner impotenti, feriti e che feriscono, vengono attirati nel circolo vizioso del disprezzo e dell’odio reciproco, che spesso non riescono più a spezzare.
Maggiormente per le coppie che si costituiscono come sistema difensivo, l’infertilità può innescare una situazione di stallo intrapsichico e relazionale in cui l’impossibilità di prefigurare una risoluzione positiva del problema aumenta il divario comportamentale tra i coniugi. 

L’immagine corporea: l'infertilita' fisiologica

​Il compito che si pone è quello della ridefinizione del legame di coppia alla luce della diagnosi di infertilità: in alcuni casi è possibile trasformare l’infertilità fisiologica in fecondità psichica attraverso un meccanismo di sublimazione, in altri perdura il rifiuto della propria condizione con una escalation nella ricerca di soluzioni sempre più gravose e stressanti.

La pervasività sociale della condizione di infertilità si realizza inoltre nella mancanza di un supporto soddisfacente da parte di familiari ed amici per l’elaborazione del proprio lutto: il mondo esterno appare incapace di comprendere ed assorbire un dolore reale, di poter penetrare efficacemente in un mondo di malattia e dio chiusura nel quale si alternano vissuti di speranza, rassegnazione e solitudine.

Il forte legame tra corporeità e stati mentali e il ruolo fondamentale che il corpo acquista nel processo di costruzione dell’identità determinano una modificazione degli stati mentali e della percezione del Sé nel soggetto in corrispondenza di modificazioni significative che si verificano al livello dei vissuti corporei: io sono il mio corpo , osserva Merlau-Ponty, sottolineando con tale affermazione la correlazione inscindibile che interessa le rappresentazioni mentali e gli stati corporei.

Lo iato fra ciò che si esige da sé stessi e la propria realtà genera sentimenti di odio per un corpo da cui ci si sente dipendenti ma da cui non si ottengono le risposte desiderate. 

L’immagine corporea, secondo Schidler, è una Gestalt complessa, mai statica, in continua ristrutturazione e ridefinizione. Non è qualcosa di definitivo una volta per tutte come il corpo anatomico, ma una costruzione che si realizza gradualmente nel soggetto in relazione al mondo e si ridefinisce man mano che nella relazione corpo-ambiente intervengono delle modificazioni.

La diagnosi di infertilità interviene a provocare un radicale mutamento ella percezione del proprio corpo in termini di funzionalità e salute, anche a causa dello stress che accompagna le procedure diagnostiche e dei reali effetti dei trattamenti medici.

Inoltre, le coppie infertili manifestano una propensione ad enfatizzare gli elementi concreti e somatici della procreazione, lasciando in secondo piano quelli fantasmatici ed affettivi che potrebbero generare un conflitto emotivo che scaturisce dalla mancata volontà di riconoscere la propria condizione.

Gli studi di McDougall sulla psicosomatica e sul concetto di forclusione dell’affetto insistono sui meccanismi attraverso i quali le coppie infertili si rifugiano nei fenomeni psicosomatici: l’espulsione della parte psichica di un’emozione permette alla parte fisica di esprimersi secondo le modalità della prima infanzia, non attraverso il linguaggio ma attraverso il corpo, il che porta alla risomatizzazione degli affetti secondo il linguaggio degli organi.

Il rifiuto di riconoscere il dolore psichico, dunque, produce una disaffezione del sentire che trova una localizzazione esclusivamente fisica della sofferenza.

Le disfunzioni sessuali

Un’altra importante conseguenza del conflitto con il corpo è la compromissione della sfera sessuale ed affettiva nei vissuti delle coppie infertili: l’intimità e la spontaneità sono violate da una vera e propria invasione del privato, un complesso di prescrizioni mediche ed intrusioni, fino ad indurre un’alterazione nel ritmo normale della sessualità ed una perdita generale della libido che producono il fallimento della risposta sessuale nel periodo fertile o addirittura l’evitamento del rapporto.

La vita sessuale della coppia è strettamente controllata e con l’avvicinarsi dell’ovulazione cresce l’ansia del sesso a comando: per aumentare le probabilità di concepimento, la coppia dovrebbe avere rapporti sessuali in alcuni specifici giorni del mese e ad intervalli prestabiliti, annotando mensilmente i giorni particolari nei quali i coniugi hanno avuto rapporti in modo da determinare se la frequenza o la scelta del momento possano risultare opportuni.

Il rinnovarsi di questo rituale che talvolta non lascia spazio ai sentimenti, all’umore od alle condizioni fisiche dei partner avvilisce lo status affettivo della coppia e l’ansia da fecondazione caratterizza negativamente la valenza comunicativa della sessualità, in una sorta di sciopero del piacere nel quale la sessualità perde il suo carattere coinvolgente e non contiene elementi di tensione vitale, di fantasia, di intimità.

Si assiste ad una separazione netta tra sessualità e procreazione: se l’introduzione di anticoncezionali ha consentito la sessualità senza concepimento, l’avvento delle tecniche di procreazione assistita offre la possibilità di un concepimento senza sessualità e la ricerca spasmodica di un bambino da parte delle coppie infertili prefigura uno scenario in cui non c’è sessualità senza concepimento, ovvero in cui la sessualità non è più vissuta quale fonte di piacere ma esclusivamente finalizzata alla riproduzione.

​Tra i problemi sessuali che causano infertilità, i più frequenti sono i disturbi del desiderio, per via dei quali i partner sarebbero portati ad avere rapporti sessuali poco soddisfacenti e troppo poco frequenti per permettere il concepimento.

Tra i disturbi prettamente maschili, si registrano impotenza, eiaculazione precoce, eiaculazione ritardata ed incapacità di eiaculare in vagina: il sentimento di perdita relativo alla propria virilità genera sentimenti di inferiorità ed inadeguatezza sessuale e l’incidenza della medicalizzazione sulle disfunzioni sessuali è attestata da numerose ricerche che evidenziano un condizionamento negativo in seguito alle procedure diagnostiche ed ai trattamenti, che si esprime in una diminuzione della frequenza e della spontaneità dei rapporti, difficoltà a raggiungere l’orgasmo, calo del desiderio, eiaculazione precoce, impotenza secondaria, incapacità di portare a termine il coito o azoospermia transitoria in risposta alla richiesta di rapporti per l’esame post-coitale.

Per la donna, la difficoltà a trovare nel marito un sostegno valido sul piano fisiologico e psicologico all’impegno nella ricerca di un figlio implica una situazione di angoscia e depressione che si palesano in una mancanza di desiderio ed in una passività sessuale. L’origine delle disfunzioni sessuali induce alla riflessione circa le attese di ruolo legate alla paternità ed alla maternità.

La donna fonda parte della sua identità sul tema della vagina, dove il contenuto di piacere va a sommarsi ad un contenuto legato alla riproduzione, a partire dal clitoride, sede del piacere sessuale indipendente dalla funzione procreativa.

L’uomo, avendo un unico organo sessuale deputato ad entrambe le funzioni di piacere e procreazione, sviluppa la tendenza a costruire la propria identità di genere nella confusione di potenza sessuale e  potenza procreativa: la capacità di fecondare una donna può essere interpretata come una conferma della propria virilità, per cui la relazione tra mascolinità, fertilità ed adeguatezza sessuale appare un intreccio complesso di determinanti fisiologiche e psicologiche che possono incidere negativamente sulla funzionalità sessuale.

Conclusione

A maggior ragione, l’infertilità non può quindi essere trattata al pari di ogni altra malattia perché tocca l’essenza stessa della mascolinità e della femminilità: l’intrusività che accompagna le procedure diagnostiche ed il trattamento clinico mettono profondamente in crisi l’immagine del Sé, generando ansie e conflitti che se non affrontati adeguatamente possono provocare squilibri emozionali e psicosessuali.
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Dr. Barbara Funaro
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