L’anoressia è un disturbo alimentare contraddistinto da una continua paura di ingrassare, persistente restrizione alimentare e un comportamento di controllo ininterrotto nei confronti del cibo. Quali sono I sintomi fisici dell'anoressia nervosa?
Anoressia e le dinamiche genitorialiNaturalmente aderiscono allo sviluppo del disturbo fattori biologici, sociali e psicologici. La letteratura sottolinea che vi è una considerevole differenza di genere per quanto riguarda l’incidenza del disturbo: il 90% di questi casi sono infatti diagnosticati nelle donne. Il funzionamento mentale dell’anoressia è primariamente femminile; tutta la struttura mentale è fondata sul cibo, il corpo, la sessualità e il rapporto madre-figlia/o. Le madri di pazienti con anoressia sono donne la cui femminilità è stata disprezzata, che propongono un modello di identificazione disfunzionale, che può portare le figlie a valersi dell’anoressia come possibilità per eliminare dal proprio corpo segni di femminilità. È fondamentale evidenziare come le ragazze con anoressia sperimentino un vicolo cieco tra il desiderio e il terrore di fusione con la propria madre. La prioritaria fantasia del soggetto anoressico è che, sorvegliando rigorosamente l’introito di cibo diventerà capace di controllare le rappresentazioni interiorizzate dei suoi genitori, nonché la loro relazione. L’elemento spesso presente nelle pazienti con anoressia è il pervasivo desiderio della madre, che si impone e prende possesso del corpo e del desiderio della figlia. Comincia così un conflitto delineato di amore e odio, in cui madre e figlia sono rinchiuse fino a precipitare in a intera fusione. Da queste dinamiche accade che molti genitori, soprattutto le madri, esternano un’ansia dilaniante, con preoccupazioni negative, avversione, rimproveri e un atteggiamento iperprotettivo nei confronti della figlia. Questo comportamento emotivo della madre è stato descritto come un’esasperata manifestazione emotiva, la quale attiva un effetto negativo sulla prognosi dell’anoressia. Per questo motivo, si reputa imprescindibile osservare e analizzare le dinamiche genitoriali, così da coinvolgere i familiari nel trattamento di tali disturbi; quando infatti, alla comparsa del disturbo, si incomincia anche una psicoterapia familiare, il miglioramento è indubbiamente positivo. Tra gli stati emotivi riconosciuti nei familiari di pazienti anoressici, quello più frequente è l’incapacità o l’arresto, ossia il presentimento che qualunque decisione essi possano imboccare genererà pochi risultati sul trattamento. I familiari avvertono la sensazione di essere condizionati e controllati, il che indica le dinamiche alla base dell’anoressia; generalmente sono famiglie fusionali, caratterizzati da un’idea di controllo e dalla fatica di accogliere i normali processi di separazione e indipendenza dei propri figli. La complicanza del controllo raffigura il nucleo della dinamica psicologica in pazienti con anoressia e nelle loro relazioni con la famiglia. La presenza di un disturbo ossessivo-compulsivo è superiore nella famiglia di questa tipologia di pazienti. In aggiunta, il perfezionismo, l’intransigenza e inflessibilità sono tratti di personalità ripetutamente osservati in queste pazienti. Una continua tensione tra impulsi e bisogno di controllarli si esprime in una lotta costante tra madri e figlie. Alcune madri dicono: “Ora, con questa malattia, devo aspettare un po’ prima ‘plasmarle’ nuovamente la testa; dobbiamo essere più intelligenti di loro, altrimenti ci dominano”. Le madri palesano l’urgenza incessante di controllare le loro figlie, ribadendo l’idea che non credono che queste siano in grado di badare a se stesse. Celano la loro individualità, creatività così da porsi come protettrici della quotidianità delle figlie, ciò nonostante, l’imposizione di tale controllo, le rende circoscritte e controllate dalle figlie, attuando un circolo vizioso di sfiducia reciproca e violazione della privacy. Dopo vari tentativi di controllo reciproco, tale “movimento” termina con l’indifferenziazione, e tra madre e figli si stabilisce una perdita dei confini psichici ed emotivi. Ciò che appartiene alla madre e ciò che appartiene alla figlia non sono più distinguibili. E completamente attaccata a me, vive in mia funzione. Le madri ritengono inoltre che, in un certo senso, le loro figlie usano l’anoressia come una strategia per controllare la loro vita e le vite degli altri. E’ possibile pensare che queste madri tendano a sottomettersi alle esigenze delle figlie. Inoltre, esse sono predisposte ad un rapporto sadomasochistico con le loro figlie, quindi sono incapaci di comprendere la sofferenza che sta alla base dei sintomi, così come le loro difficoltà ad essere madri. Le relazioni divengono così permeate dal senso di colpa; le madri mantengono l’illusione del potere e della protezione, senza rendersi conto che esse sono profondamente coinvolte e paralizzate dalla malattia delle loro figlie o, per essere più precisi, dalla malattia che segna il rapporto tra di loro.
La dialettica tra onnipotenza e impotenzaL’impotenza è il sentimento predominante di queste madri, che non riescono, nei loro numerosi tentativi, ad aiutare/controllare le loro figlie; la sensazione di impotenza è accompagnata da intensi sentimenti di colpa, come se fossero responsabili del disturbo delle loro figlie. “Mi sento in colpa perché mi ha fatto la promessa che non avrebbe vomitato più, ma poi ha smesso di mangiare completamente.” L’impasse rivelato nelle parole di questa madre circoscrive chiaramente il gioco stabilitosi tra le due, una situazione di stallo in cui la perpetuazione della malattia è inevitabile. Secondo gli autori, vi è una collusione che non può essere rotta dalla coppia, in quanto legata ad un “patto” il cui finale obiettivo è mantenere la fusione psichica. Vi è inoltre una fantasia onnipotente frequente in queste madri le quali sono convinte che possono cambiare il mondo intorno alle loro figlie. Quando successivamente si rendono conto che non possono cambiare realmente il mondo, sperimentano un forte senso di impotenza, con periodi di intensa angoscia, che a sua volta rafforza il loro bisogno di controllarle. Esse non riescono a capire che è proprio il fatto di essere madri iper-controllanti ad allontanarle dalle figlie. “A volte è tutta sorrisi, poi appena arrivo lei cambia… sono così inquietante?” L’alleanza e la lotta che si è formata tra madre e figlia le esclude dal resto del mondo; in questo scenario il padre è vissuto come un intruso che disturba la fusione madre/figlia. Si è osservato che la madre cerca di allearsi con la figlia contro il padre, sostenendo che madre e figlia hanno bisogno l’una dell’altra, al fine di rendere il padre come non molto comprensivo e quindi da escludere. L’atteggiamento di onnipotenza che mantiene il rapporto fusionale tra la madre e la figlia fa sì che il padre non appaia come una figura importante nella dinamica familiare. Anoressia, culto, passione e inibizioneIl culto che queste madri offrono alle loro figlie cela l’elemento principale di queste relazioni: la distruzione dell’altro come essere, come persona. La figlia sospende di esistere come individuo, è come se venisse demolita. “Faccio tutto per lei, ho dormito con lei nello stesso letto, mi lavo e vado in bagno con lei Inoltre la reazione, pronunciata mediante gli atteggiamenti anoressici, è giustificata dall’invito di distruzione materna all’individualità della figlia. Nonostante ciò, la collusione stabilita è in misura doppia distruttiva, per la madre e per la figlia, e l’esito finale di questo legame di dipendenza e controllo è la scomparsa della loro identità e indipendenza. Si avrà così un prosciugamento dei sentimenti e decadimento delle rappresentazioni interne. La vita di entrambe viene ridotta ad uno stato di tormento e culto che accentra tutte le loro opportunità. Si evidenzia sulla base degli studi, che il trattamento psicoterapeutico delle madri sia indispensabile per il buon risultato del trattamento delle figlie. Si evidenzia come sia fondamentale l’esigenza di scomporre prontamente il centro del controllo vicendevole all’interno della relazione terapeutica. Il controllo andrebbe infatti a regolamentare la relazione tra terapeuta e paziente anoressica, conservando la stessa dinamica, severamente rinforzata in famiglia, il cui maggiore fine è quello di accrescere i sintomi. Si evince che sotto il travestimento di un atteggiamento di devozione appassionata si cela un annientamento psichico dell’altro e questo, in casi estremi, può portare alla morte fisica della paziente con anoressia nervosa. L’assistenza fornita ai pazienti dovrebbe quindi includere sessioni con i membri della famiglia dal momento della diagnosi fino alla fine dell’intervento proposto, con un particolare focus sul rispondere alle richieste dei membri della famiglia, fornire spiegazioni e informazioni di carattere generale sulla malattia, e analisi delle complesse strutture psicologiche sia dei pazienti che dei membri familiari. Solo un team di salute mentale che è addestrato a riconoscere la dinamica emozionale di questo gruppo di pazienti potrà operare efficacemente e promuovere un intervento terapeutico adeguato all’interno di un trattamento multidisciplinare. Bibliografia
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